Internet talvolta è un posto magnifico. Quando si riesce a scansare il marasma di siti e social che riempiono il web di argomenti spazzatura o cose simili, si riesce a recuperare talvolta delle storie incredibili. Racconti di eventi e persone che furono, ma che di certo non meritano di essere dimenticate. Ed è proprio qui che, spulciando accuratamente articoli validi e documentazione antica riproposta in formato digitale, sbuca fuori l’epica di un nostro compatriota che può essere solo d’esempio per le attuali generazioni. La storia, avventurosa ed intrepida, di Bartolomeo Bertolini da Trieste.
Fonti a fine articolo.
“…marziale figura del Bertolini, alto, asciutto, dai candidi capelli e dai candidi baffi da vero ‘grognard’, istruttore di scherma ricercato dai giovanotti eleganti della prima metà del secolo scorso, che accorrevano a lui non solo per apprendere il maneggio della spada, ma anche, e forse di più, per ascoltare dalla voce di un testimonio oculare racconti ed aneddoti di persone e di fatti che avevano del soprannaturale.”
Arduino Berlam
Nato nel 1766 nella sua Trieste, Bertolini non seppe resistere al richiamo che la rivoluzione francese offriva agli audaci e ai desiderosi di riconquistarsi la propria identità nazionale italiana. Nel 1791 abbandonò la sua città natale alla volta della Francia per partecipare alla prima leva di massa della rivoluzione, ritrovandosi l’anno dopo tra i ranghi de “Les Chevaliers d’Arpajones”, divenuti poi l’anno successivo 19 reggimento dragoni.
Inizialmente affaccendato con i suoi compagni d’arme a mantenere l’ordine fino al 93, periodo nel quale subì almeno tre ferite, venne infine trasferito tra il 94 ed il 96 prima nell’armata d’Anjou e poi in quella del Reno, venendo in ognuno dei due casi ferito. Partecipò persino con quest’ultima alla soppressione delle rivolte vandeane, venendo elogiato per “le sue prove di coraggio e la bravura militare”. Ma la sua fame insaziabile di scontro non resistette al richiamo di un’altra avventura, quando si offrì volontario nel 98 tra le fila di quell’armata che avrebbe ben presto toccato le sabbie d’Egitto sotto il comando del famoso Napoleone Bonaparte.
Qui dimostra fin da subito la sua voglia di combattere poiché nemmeno nel 99 venne nuovamente ferito, costringendolo a rientrare in Francia. Ma nonostante ciò riprese servizio presso l’armata dei grigioni, per poi offrirsi nuovamente volontario per un’altra avventura, questa volta ad Haiti per contrastare la ribellione ivi in atto. Rientrò in Europa nel 1803, non mancando durante il tragitto di ritrovarsi nel bel mezzo di una battaglia navale contro gli inglesi che lo vedrà anche qui ferito almeno quattro volte.
Questa tigre irrefrenabile si ritrovò a vivere una delle battaglie più epiche della storia napoleonica, ovvero Austerlitz, e nel 1806 si ritroverà nella campagna di Prussia ove al comando di 24 cavalleggeri conquistò una batteria d’artiglieria prussiana. Sarà nel 1807 che abbandonerà il diciannovesimo dragoni per entrare nella guardia reale del Regno D’Italia, continuando a servire l’imperatore sotto le insegne della sua madrepatria. E sarà sotto quelle insegne che parteciperà alla sanguinosa battaglia di Wagram.
Neanche a dirlo tra il 1810 ed il 1811 prestò servizio in Spagna, nello specifico in Catalogna, e alla bellezza di quarantasei anni non esiterà a presiedere tra le file di quella grande Armèe che affronterà la steppa russa nel 1812. Qui si ritrovò a fronteggiare la ferocia della battaglia di Borodino, ove un curioso avvenimento da lui raccontato ne “La mia prigionia in Russia” ha del romanzo d’avventura.
Il Bertolini racconta che conclusa la sanguinosa battaglia si mise con i suoi uomini a cercare viveri. Nel tragitto vennero ospitati nel castello di un nobile che si dimostrò parecchio disponibile a collaborare. Il problema però fu che dopo essere stati rifocillati con cibo e bevande non si accorsero che il padrone di casa aveva chiamato i cosacchi russi che giunsero vendicativi presso la magione e diedero il via ad un aspro scontro che vide il nostro protagonista prigioniero (non senza aver dato prova di coraggio ed essere ferito). Ma nonostante ciò fuggì dopo tre settimane di prigionia e riuscì a rientrare tra i ranghi, venendo persino convocato dallo stesso Napoleone poiché incuriosito da tale evento.
Il disastro di Russia non lo smorzerà e al ritorno di Napoleone dall’Elba e il via ai cento giorni, Bartolomeo si ritrovò con la cavalleria di Pajol nella decisiva battaglia di Waterloo, ultimo atto degli irrefrenabili annali napoleonici.
Con il periodo bellico concluso e il ritorno a casa, Bertolini campò fino alla veneranda età di centocinque anni. Ma fino all’ultimo dimostrò la sua audacia e le sue competenze con chiara lucidità. abile maestro di scherma, non solo si prodigò a scrivere memoriali sulla sua esperienza in guerra ma persino trattati di spada che ancora oggi vengono apprezzati dagli appassionati. Basti pensare poi che nel 1863 diede un’abile dimostrazione presso Palazzo Pepoli, a Bologna, potendo vantare di aver allevato negli anni una schiera di abili tiratori di sciabola; E in questo caso aveva già novantasette anni.
Spentosi nella sua città natale, non venne certamente dimenticato poiché nel 1912 un gruppo di appassionati di scherma, venendo incontro alla vedova del Bertolini rimasta in difficoltà economica, finanziarono il monumento funebre che potete osservare in foto: un’aquila dell’impero napoleonico ed in basso una carica di cavalleria dei dragoni. un chiaro esempio di gratitudine nei confronti di un grande spadaccino, un feroce combattente ed un italiano che seppur possa sembrare uscito da chissà quale fiaba, visse e superò se stesso. Chissà se uomini di questo genere sono ancora in grado di rinascere. Chissà se uomini di questo genere sono ancora in grado di insegnare ai posteri il coraggio e l’audacia.
Fonti
http://www.warfare.it/documenti/bertolini_2.html
http://www.warfare.it/tattiche/tattica_contro_cosacchi.html
http://www.warfare.it/documenti/bertolini.html
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