Dissenso disorganizzato
Dissenso disorganizzato

Dissenso disorganizzato

Ho sempre più la sensazione di vivere camminando sulla lama di un rasoio.
E’ non è dovuto al fatto che ho un lavoro precario.
Ormai sono anni che sono diventato un precario cronico.
Ci sono abituato.
Vivo però una società nella quale è normale essere tristi, dove chiunque tira a campare, oppressi da questo mondo rovesciato dove i valori più diffusi sono omologazione, competizione e ubbidienza.
E’ come se tutti fossimo stati costretti dentro una bolla da dove è difficile uscire. Una bolla in cui ciascuno evita anche il più piccolo cambiamento per paura di peggiorare la situazione.
Vite continuamente minacciate da pandemie e guerre, e oppresse da milioni di telecamere, e multe e tasse da pagare, usate poi per acquistare nuove telecamere e mantenere o progettare nuove guerre.
Così, in una spirale senza fine.
Per quanto ancora?



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“Eppure ci dev’essere una soluzione” – non smetto di ripetermelo.
Sento le voci del “dissenso” che continuano a rimarcare la situazione, cercando di svegliare più gente possibile.
Speravo di trovare tra loro una scintilla, una idea, se non proprio la soluzione.
E mi sono accorto di fare lo stesso errore di molti. Resto fermo ad aspettare il “liberatore”, il “messia” di turno.
E invece no.
Non dobbiamo restare fermi.
Saremmo un bersaglio perfetto per il nemico.
E forse la sua strategia è proprio quella: una crisi dopo l’altra, una accelerazione e una frenata, in modo da vedere chi si ferma ad aspettare, e poi…..zac!
Ricondizionato al sistema.
Politica out
Religione out
Lavoro out
Tutto out, e che ci resta?
Ma restiamo noi!
Noi siamo il dissenso, e non abbiamo bisogno di nessuna guida.
Se siamo arrivati fino a qui, vuol dire che siamo forti, nelle nostre idee e nei nostri principi.
Pensate veramente che essere organizzati in una qualche maniera, politica o sociale, possa evitarvi eventuali ritorsioni, o anche peggio, da parte del sistema?
Provate a pensarci.


Io credo, invece, che ciascuno di noi dissenzienti possiamo e dobbiamo opporci al sistema uniti nell’intento ma singolarmente, ognuno per come e quanto può, senza aspettare il comando di nessuno.
Conosciamo la Matrix, sappiamo cosa dobbiamo fare.
Cosa aspettiamo?
Cosa aspettate?
Io, nel mio piccolo, ho già cominciato da tempo.
Poche cose semplici:
boicottare, eludere, resistere, fare rete e disobbedire.
Cos’altro?
Boicotto tutte le loro iniziative, evitare, per quanto possibile, le multinazionali.
Eludo tasse e bollette, per quanto posso.
Cerco di resistere, soprattutto, alla tentazione di ritornare alla caverna platonica.
Faccio rete con chiunque cerchi una via di uscire dalla bolla.
Ascolto tutti ma non seguo nessuno.
E disobbedisco a tutte le loro stupide imposizioni.
Vi faccio un esempio: tempo fa si discuteva sull’organizzare un prelievo bancario, ognuno secondo le proprie possibilità, un determinato giorno a una determinata ora.
Si aspettava solo l’input. Mai arrivato.
Ma chi doveva darlo?
Ma fatelo!!
Togliete i vostri soldi dalla disponibilità dei banchieri e finiranno di taglieggiarvi.
Smettete di pagare le tasse e termineranno tutte le guerre.
Le tasse bisogna pagarle per avere una sanità pubblica, le scuole pulite e che funzionano, i lampioni accesi nei giardini, i trasporti pubblici e le strade riparate dalle buche.
Oggi abbiamo una sanità quasi del tutto privatizzata, con i medici di famiglia che rispondono solo al telefono e inviano prescrizioni e impegnative tramite mail e WhatsApp; le scuole sono perlopiù edifici fatiscenti, con tetti e solai che cadono in testa agli studenti che, chiusi in queste aule che sembrano galere, vengono indottrinati secondo i programmi delle élite; i lampioni o li accendono tardi la sera, o li tengono spenti, forse per nascondere le voragini che ricoprono le strade cittadine, e sui trasporti stendiamo un velo pietoso.
Quindi, a che servono le tasse, sempre più esorbitanti, che paghiamo?
A pagare le loro guerre in cui muoiono i nostri figli. Che se le paghino loro e ci mandino i loro figli.
Ma che aspettate a farlo?
Pensate che arriverà un Gesù Cristo qualsiasi a dirvi di farlo?
Oppure quella che state aspettando è solo una giustificazione a un gesto in cui non credete affatto.
In tal caso meritate tutto quello che vi faranno perché ancora non avete preso pienamente coscienza di ciò che sta succedendo.
La vostra è solo ipocrisia. Identica alla loro, di quelli che vi hanno sedotto e poi abbandonato.
Il dissenso può essere manifestato in vari modi; singole associazioni e piccole comunità di individui possono fare molto.
Si è già formata una bozza di informazione indipendente attraverso i vari social. Al momento contribuisce a un dissenso intelligente e ben argomentato.
Ma il sistema sta già approntando le sue contromisure a tutto questo perché sa che il dissenso può rappresentare un serio pericolo al suo disegno egemonico.
Quanto ci metteranno a chiudere i social?
Stanno già a buon punto con la censura e presto chiuderanno quei piccoli rivoli di autofinanziamento che arrivano.
E’ difficile, se non impossibile, creare una visione univoca e costruttiva che possa guidare un cambiamento reale, solido e duraturo.
Abbiamo già tutti visto come il dissenso sia stato veicolato, usato e gettato alle ortiche, in passato ma anche recentemente.
Tutti contro tutti, ognuno ad accusare l’altro di essere un gatekeeper o un infiltrato.
Per questo motivo credo che sia più opportuno cogliere gli insegnamenti che vengono dalla natura, che mostrano banchi di pesci o uccelli fare muro comune ma disperdersi singolarmente per fuggire dalle grinfie di predatori e cacciatori.
Forse l’unica idea positiva è quella delle piccole comunità autosufficienti che sono sorte ultimamente. Piccole società che hanno formato le loro piccole “bolle”, tra l’altro già previste e descritte dal sistema (tanto per dire che nei loro piani nulla è lasciato al caso).
Anche l’idea di avere una moneta propria, da spendere nella comunità che si frequenta.
Rifuggo bitcoin e quelle speculative.
La moneta deve nascere dall’individuo. E’ il singolo individuo che ha un valore inestimabile, non la cartaccia colorata su cui è stampata una qualsiasi cifra. La moneta deve in primo luogo circolare, non essere accumulata, altrimenti non ci sarà mai libertà.
Tanto, prima o poi, torneremo, tutti, al mercato nero, al contrabbando.
Ma questa volta non di alcol o tabacchi, ma di generi alimentari.
Tanto vale creare una economia parallela, fatta di gesti onesti come stringersi la mano dopo ogni transazione.
Bisogna avere il coraggio di fare un cambio di paradigma: non fare come molti che sfogano la loro rabbia con proteste in piazza (chissà perché poi tutte di sabato e domenica), ma trasformarla in coscienza personale, vera coscienza politica, e trasformare così delle inutili e inascoltate lamentele in fatti concreti, volti a costruire un mondo veramente nuovo.
Bisogna ripartire ognuno da se stessi.
Chiarisci ciò che è essenziale per te.
Chiarisci cosa sei disposto a perdere.
E agisci.
Lo possiamo fare.
Insieme.



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