Quante volte, mentre stavate leggendo un libro o guardando un film, vi è capitato di chiudere gli occhi e immaginarvi di cadere dentro le pagine o attraversare lo schermo, e, magari, interagire con i personaggi a voi cari.
Quante volte, stanchi e delusi dalla monotonia della vita, avete pensato di meritare anche voi una avventura cavalleresca e una storia a lieto fine.
Se anche voi, come me, soffrite di queste turbe mentali, Dungeons and Dragons e’ il gioco di ruolo che fa per voi.
Perché, ditemi, in quale parte di questo mondo potrete essere un guerriero con una spada più grande di lui, un cavaliere in cerca del suo drago, un mago alchimista, un nano ingegnere, un elfo caotico o una principessa che ha abbandonato la sua comoda vita di corte per intraprendere la carriera di ladra?
Un gioco semplice, pur nella sua complessità di regole e varianti.
Per giocarvi bastano pochi ingredienti: un doppio foglio quadrettato, una matita, una gomma, qualche dado, un amico che condivide con voi la stessa follia e una energica dose di fantasia.
L’idea di Dungeons & Dragons (D&D), come gioco di ruolo, vide la luce nei primi anni settanta nella mente di alcuni amici statunitensi, amanti dei wargames molto di moda allora: Dave Wesely, Dave Arneson e Gary Gygax.
Questi iniziarono a organizzare partite in cui, invece di manovrare generiche unità di gruppi di soldati, si potevano controllare singoli personaggi che evolvevano da una partita all’altra.
Agli inizi furono scelte regole che provenivano dai wargames, e il nome adottato per il nuovo gioco fu “The Fantasy Game”, che richiamava al genere letterario cui era ispirato.
Poi, col tempo, queste evolsero fino a diventare i numerosi manuali di cui, oggi, ogni giocatore deve munirsi prima di sedersi ad un tavolo.
In principio, il personaggio.
In D&D ogni giocatore crea il suo personaggio scegliendolo tra le varie razze disponibili. Non si tratta di vere e proprie razze (caucasica, nera, asiatica, ecc..), ma di fantasia: umano, elfo, nano, gnomo, mezzelfo, alfing. A queste prime, altre poi si sono aggiunte nel tempo, ognuna con le sue caratteristiche e peculiarità, anche caratteriali, rafforzati o diminuiti a seconda delle abilità che il punteggio del lancio dei dadi potrà determinare. Ad empio, un guerriero umano che abbia poca destrezza con le armi, abilità indispensabile in questo caso, avrà vita difficile contro i mostri che gli si pareranno davanti ad ogni angolo buio di un dungeon o nei vicoli di un paese abbandonato perché infestato da sanguisughe. Basterà la sua intelligenza e la sua forza fuori dal comune, altre abilità stabilite dai dadi, a permettergli di superare le prove che gli si porranno lungo la via?
Altre abilità da non sottovalutare sono: la saggezza, la costituzione e il carisma.
Ma ciò che rende particolarmente interessante un personaggio di D&D è l’allineamento morale. Questa caratteristica è importante perché rende qualsiasi personaggio un unicum all’interno del gioco:
legale, teso alla giustizia e alla difesa degli amici;
neutro, indifferente a qualsiasi situazione che si verrà a creare durante il gioco;
caotico, egoisti e poco inclini all’amicizia, il loro unico interesse è rivolto alla propria gloria.
In caso di partite con più giocatori, l’allineamento sarà l’unica cosa da evitare di comunicare agli altri partecipanti. Infatti una particolarità importante in D&D è il saper scindere il giocatore dal personaggio. Più ciascun giocatore si dimenticherà delle sue caratteristiche e farà giocare il proprio personaggio con le proprie, più il divertimento è assicurato.
No Master, no play
Come negli scacchi, anche in D&D è possibile giocare una partita da soli. Ma, credetemi, con un buon Master è tutta un’altra storia.
Perché il Master è il creatore del mondo in cui ti accingi ad entrare, ne è l’architetto; lui è colui che narra, il lettore del libro in cui ti sei tuffato; questa figura è la pietra angolare di ogni avventura che stai per affrontare, “il Fato in balia del Fato”, come molti di loro amano definirsi.
A differenza dei giochi da tavolo più convenzionali che “vanno avanti” con regole meccaniche e senza chiedere nulla ai giocatori, in D&D il Master è la figura che si frappone tra il gioco e i giocatori. E’ lui che ha in mano la storia che tutti stanno per vivere. È lui che dovrà interpretare i personaggi non giocanti (PNG) e muovere i vari mostri ricorrenti contro i giocatori. E’ un compito difficile, ma, per certi versi, fare il Master è più divertente che giocare.
Ma, vi chiederete: DM si nasce o lo si diventa?
Riposta complicata.
Innanzitutto un buon DM deve essere un visionario, non deve solo creare il mondo e animarlo, ma deve anche sapere immaginare e svolgere una trama, e, magari, riuscire anche a piegare le regole, dove necessario, per il divertimento di tutti.
Deve divertirsi e far divertire, per questo la sua fantasia deve essere smisurata, sempre alla ricerca di nuovi stimoli e ispirazioni.
Comunque, negli ultimi anni, sono state pubblicate decine e decine di ambientazioni “precotte” e pronte per essere giocate.
Lo starter set di Dungeons & Dragons è ambientato nei Forgotten Realms e fornisce al Dungeon Master tutte le informazioni essenziali per iniziare a giocare.
Ovviamente nulla impedisce al master di prendere carta e penna e, come un novello scrittore di libri fantasy, di scrivere la sua trama e disegnare il suo mondo ad hoc, imbastendo trama e combattimenti per tante nuove avventure in un processo creativo impegnativo, ma sopratutto divertente.
Il dado è tratto.
Discorso a parte meritano i dadi. Questi oggetti affascinanti di per sé, in D&D diventano veri e propri oggetti di culto. Ogni giocatore tende a portarsi dietro i suoi ad ogni partita, invitando gli altri a “non toccare” per non minarne la positività acquisita in innumerevoli precedenti partite.
Ne esistono dei più svariati colori e di diverse sfaccettature: oltre i dadi classici a sei facce (d6), per giocare a D&D si necessita di dadi con 4 (d4), 8 (d8), 10 (d10) 12 (d12) e 20 (d20) facce.
Servono nella creazione del personaggio, a segnare di quanti punti vita quello sia dotato, e ciascun personaggio, che sia un guerriero, un monaco o altro, tirerà un dado diverso, o un numero di dadi diverso ma dello stesso modello, per stabilirlo.
Questa regola varia a seconda del livello raggiunto dal personaggio.
Ad esempio: un guerriero di primo livello lancerà 1d8, mentre uno di nono livello lancerà 9d8.
La stessa regola vale per stabilire i punti ferita inflitti al mostro o al PNG nemico che è stato colpito. A seconda del livello del mostro colpito, si lanceranno tanti dadi, uguali, quanti sono livelli del mostro.
I Dadi interagiscono, poi, anche con altre meccaniche del gioco, incluso il livello del personaggio, l’esperienza, la forza degli attacchi dei mostri e il recupero dei punti ferita durante un riposo.
Capite il motivo per cui, la frase più ricorrente durante una partita sia: ”non toccare”?
Queste regole riferite ai dadi, sono via via state modificate con il susseguirsi delle edizioni in scatola dal 1974 ad oggi.
Giocare a Dungeons and Dragons permette di staccarsi dalla routine quotidiana, di passare una serata di puro divertimento tra amici.
E’ un gioco di ruolo tutt’altro che rilassante, pieno di trappole a cui sfuggire, misteri da risolvere, maghi malvagi e mostri abominevoli, ma sempre all’insegna del gioco.
Infatti, nonostante le innumerevoli regole da seguire, in tutte le partite la regola più usata e conosciuta da tutti i giocatori è la numero “0”: “È lo spirito del gioco che conta, non le regole scritte”. Quindi sarà il DM a prendere ogni decisione in merito allo scorrimento della narrazione e della partita senza noiosissime letture dei manuali.
Dopo un periodo, breve, di declino, D&D è ritornato in auge grazie anche a film fantasy e serie tv che richiamano il fascino di terre lontane e inesplorate, e forse anche alla necessità di staccarsi dagli schermi e ritornare a riunirsi con gli amici per vivere mondi fantastici!
Quindi, cosa aspettate?
E’ tempo di sguainare la vostra spada e di lanciare i dadi…. e che la sorte vi assista!
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