Proviamo a spiegare di cosa stiamo parlando quando diciamo: i “valori”.
Per dirla in modo semplice, i valori sono gli ideali e i princìpi che i singoli individui, o la collettività, considerano superiori e che orientano le scelte morali, politiche, sociali, giuridiche, economiche.
Inoltre i valori sono direttamente riconducibili agli usi, ai costumi e alle tradizioni da cui ciascun individuo, o la collettività, proviene.
Quindi questi valori non sono uguali per tutti e per sempre, ma mutano nelle varie culture ed epoche storiche.
In senso generale possiamo identificare alcuni valori generali che le persone ritengono più importanti nella loro vita. Ad esempio: l’amore, la giustizia, la famiglia, la correttezza, l’onestà, la trasparenza, la competenza, l’entusiasmo, l’umorismo, il rispetto
Ma, allora, chiediamoci: ha senso parlare solo di “valori dell’occidente”?
E cosa intendiamo per Occidente?
Per meglio comprendere, dobbiamo per forza di cose fare un breve excursus storico
L’Occidente, così come lo intendiamo oggi, ha una sua origine storica e politica.
Ad esempio, in epoche remote si era ritenuto designare come “Oriente” tutti i territori sottoposti alla civiltà islamica. Quindi, per contrapposizione, tutti gli altri venivano classificati come occidentali.
A partire dal XIX secolo, la politica e l’ideologica portarono ad accentuare certi caratteri dell’Occidente fino alla contrapposizione, sorta al termine della seconda guerra mondiale, tra un Occidente capitalista e un Oriente socialista. Solo dopo la caduta di alcuni regimi socialisti, i paesi dell’Est europeo sono stati compresi nel concetto di Occidente.
Possiamo quindi concludere che ciò che oggi intendiamo come “Occidente” un’area molto estesa che include le nazioni più ricche e industrializzate dell’Europa e dell’America, nonché l’Australia, la Nuova Zelanda e il Giappone, tutti Paesi accomunati, almeno idealmente, da determinate caratteristiche economiche e politiche che spaziano dallo Stato di diritto, al liberalismo, al liberismo economico, al multipartitismo, alla tutela delle libertà di espressione e di associazione, eredità della democrazia e del pensiero razionalista sviluppatisi principalmente attraverso le vicende storico-culturali dell’Illuminismo e delle rivoluzioni americana e francese.
Date queste definizioni, converrete con me che non basta una semplice articolo per esporre in maniera esaustiva l’argomento che vorrei trattare. Ci vorrebbe un secondo volume. E non è detto che..
Ma qualcosa vorrei comunque dire e da qualcosa dobbiamo partire.
Quindi: quali valori possono essere ricondotti a una comunità così vasta e perché?
Ma soprattutto: da quale cominciare?
Io inizierei col parlare del valore fondante di ogni società, o almeno così era riconosciuto fino a non molto tempo fa: la famiglia.
Quindi, in questo capitolo cercherò di illustrarvi se e perché la famiglia può ancora considerarsi un valore o meno, e se lo è per l’occidente, per quello spicchio di mondo nel quale viviamo.
Io stesso in precedenza ho scritto che questa particolare situazione che stiamo vivendo negli ultimi anni, composta da continui stai di emergenza, (pandemia, clima e guerra) mi ha fatto riscoprire il significato della famiglia.
Perché è proprio quando vedi qualcosa che ti sta sfuggendo dalle mani che riesci a capirne l’importanza.
Io, come credo molti di voi che mi state leggendo, ho avuto un’educazione tradizionale a riguardo. Quindi vedo la famiglia come composta da un papà, una mamma e l’eventuale prole.
I miei genitori provenivano da famiglie rurali e, a loro volta, avevano ricevuto, più o meno, le stesse indicazioni.
Col tempo, però, l’idea di famiglia si è evoluta, ma non poi di molto.
Mio papà, operaio Fiat, che portava lo stipendio a casa, non era certo l’incarnazione della figura del capofamiglia che lui aveva ricevuto da suo padre, mio nonno. Mia madre, che accudiva la casa e accudiva la prole, non era certo a lui sottomessa (come magari lo era stata mia nonna con suo marito, mio nonno) dato che amministrava, in tutto e per tutto, lo stipendio che mio padre guadagnava.
Poi nella storia sono intervenuti fattori quali aborto e divorzio a complicare le cose.
Sono consapevole che con questo discorso rischio di impantanarmi in argomenti scomodi, ma proverò ad affrontarli nella maniera più sterile possibile.
Partirei con l’analizzare l’influenza che hanno avuto le leggi che regolamentano il divorzio sulla percezione di ciò che si intende come famiglia oggi.
Prometto di occuparmi dell’aborto in un altro contesto
Il divorzio è stato introdotto in Italia negli anni 70 e successivamente modificato negli anni 80.
Bisogna innanzitutto dire che il cosiddetto “diritto” al divorzio è prerogativa di quegli stati in cui la monogamia è legge, quindi stiamo parlando di pressoché tutte le “nazioni occidentali” (nel mondo, solo Filippine e Città del Vaticano non hanno leggi che lo prevedono e regolamentano).
Parallelamente al divorzio, si sono poi sviscerate tutta una serie di normative che regolamentano gli alimenti, la custodia e il mantenimento dei figli, l’assegnazione dell’alloggio, e via dicendo.
Si passa, quindi, dalla famiglia tradizionale a quella “allargata”, che comprende la prole del nuovo compagno o della nuova compagna. E se anche la seconda unione dovesse fallire, si potrebbero avere una terza, una quarta, ad libitum.
Personalmente questa situazione non mi piace, per varie mie personali ragioni: culturali, religiose, e quant’altro. Ma democraticamente devo accettarla per quella che è: una evoluzione del significato di “Famiglia” nel contesto storico in cui viviamo.
Essendo però, come abbiamo detto, la Famiglia la base della nostra società, dovremmo tutti chiederci: da quando è stata introdotta questa normativa, la nostra società è cambiata in meglio o peggio?
Io, ad una prima occhiata, direi di no.
A parte le confusioni e le differenze legislative, che in ogni parte del mondo tentano di regolamentare questa novità sociale, vi è un aspetto particolare che, a mio parere non casualmente, mina più profondamente la nostra società: l’educazione dei figli.
Ed è proprio questo il motivo che mi porta a dire che esiste una regia, neppure tanto occulta, intenta a distruggere la nostra società dal suo interno, proprio partendo dalla dissoluzione della famiglia, e, in maggior modo, dalla diseducazione dei figli.
A partire dagli anni sessanta/settanta, vi è stato un progressivo contrasto, da parte dei governi occidentali, nei confronti della famiglia, tanto da far pensare che la famiglia non sia un argomento molto amato dalle élite occidentali.
Ho già detto che il divorzio è stato introdotto in pressoché tutti gli stati che hanno la monogamia alla base della loro società.
Oggi, anche solo cercando sui vari motori di ricerca, troverete un mare di articoli e di libri di illustri antropologhi, sociologi, financo psicologi e naturalisti, che tentano di minare in tutti i modi le convinzioni millenarie che stanno alla base della monogamia umana.
Perché?
I motivi sono diversi.
Innanzitutto perché la famiglia viene considerata un invenzione della cultura cristiana, e tutto ciò che è legato al cristianesimo sembra non piacere alle élite che ci governano (basterebbe questo a farci riflettere), e, in secondo luogo, perché la famiglia come noi la concepiamo, con i suoi figli, la sua identità e le sue responsabilità, fa sì che lo stato non possa controllarla.
In definitiva, quindi, qualsiasi nucleo familiare impedisce quel controllo totale di uniformità a cui il potere statale e delle élite ambiscono.
La famiglia che educa, ed educa bene, educa tutta la vita, e non solo per una parte di essa.
Trasmette le tradizioni familiari, da un senso anche alle evoluzioni che avvengono nella società. Non produce fratture tra passato e futuro, ma smussa le eventuali pieghe venutesi a creare.
Invece, cosa si dice di una famiglia che educa?
Che crea rotture sociali.
E questo solo perché a detta di chi abita i piani alti, deve essere lo stato ad avere il controllo sulle menti dei giovani, in modo che possano essere plasmate alla ragion di stato.
A riprova di ciò, tutti possono vedere la condizione in cui è ridotto il sistema scolastico, e non solo in Italia. Con intere università tese solo a indottrinare i nuovi cittadini anziché formare individui responsabili.
Inoltre, la famiglia è di per sé generatrice di figli e i figli provocano inquinamento dell’ambiente.
Questo è il nuovo paradigma che si discute in tutti gli ambienti politici e sociali: l’inquinamento e il cambiamento climatico.
Presto diventerà la nuova religione universale, ed è già usato per mettere in difficoltà e impoverire i nuclei familiari attraverso la tassazione, diretta e indiretta, delle loro abitazioni (e anche di questo ne parlerò in un altro contesto. Capite che quello che ho scritto poco sopra, e che cioè non basta un singolo post a sviscerare l’intero argomento, non era altro che la verità?).
Ora, per contrastare questo tsunami che si sta dirigendo da decenni, se non di più, verso la base della pietra angolare della nostra società, non può esserci l’opposizione di un singolo stato o di una singola organizzazione, ma la consapevolezza di tutti coloro che hanno compreso che la guerra che si andrà a combattere sarà soprattutto spirituale, e non solo materiale.
Bisognerebbe ripensare la famiglia come qualcosa di diverso da un semplice valore economico, ma gli stati sembrano orientati (educati?) verso l’opposto.
Si dovrebbero incentivare le nascite; ma anche qui, tutto l’occidente pare impegnato a sostenere quelle unioni che, in natura, sono sterili.
(Anche qui, utero in affitto e altri argomenti verranno trattati in altro contesto).
Che le politiche siano da sempre orientate a dispetto della famiglia, possiamo vederlo chiaramente evidenziando quale siano state, e sono tutt’ora, le politiche messe in atto.
Lo stato, qualunque stato, ha bisogno di avere un bilancio positivo. In un’epoca di crisi, la scusa che si produce verso coloro che richiedono interventi a sostegno delle famiglie è: non ci sono soldi.
Banale quanto errata giustificazione.
Provate a ragionare.
Il PIL (Prodotto interno Lordo) è quella unità di misura che misura, appunto, la ricchezza e la crescita di un Paese.
Ma come si fa a crescere la ricchezza di un paese se i suoi abitanti diminuiscono e nelle famiglie non nascono più cittadini?
A dire il vero, sul PIL incidono diversi altri fattori, fra cui una buona percentuale ce l’ha il costo dell’energia e delle materie prime, di cui noi, come Italia, siamo dipendenti per l’85% dall’estero.
Le politiche comunitarie anche su questa materia sembrano contrarie al buon senso in quanto dichiarano letteralmente guerra, e non solo economica, ai nostri principali fornitori.
Sembra che tutto avvenga senza un senso, ma se avrete la pazienza di seguirmi nel discorso, vedrete che il senso a tutto questo lo troveremo, anche se non vi piacerà.
Entrate con me nel vortice costruito intenzionalmente per distruggere l’Italia e il resto d’Europa.
Il problema energetico in Italia c’è sempre stato. Abbiamo sempre dovuto rivolgerci altrove per gas, petrolio e materie prime.
Ma negli anni 70 questo handicap veniva discretamente superato attraverso investimenti sulla produttività e aumentando le nostre esportazioni, costruendo quello che è, ancora oggi, nonostante tutto, il Made in Italy.
Nel 1975 il tasso di risparmio delle famiglie italiane era il 27%, Oggi siamo intorno al 4%, quindi ci siamo mangiati 23 punti percentuali di PIL per aumentare il….PIL, a scapito proprio del risparmio delle famiglie.
Abbiamo dovuto diminuire i prezzi dei nostri prodotti che producevamo in loco, e per farlo abbiamo delocalizzato le nostre industrie, investendo in altri paesi e smantellando il nostro sistema produttivo.
Sono almeno trent’anni che non investiamo più nel nostro Paese, e ci siamo trasformati da produttori a importatori.
Siamo diventati a tutti gli effetti un popolo totalmente consumatore, trasformando gran parte dell’Asia in un continente produttore.
(Quante volte ci chiediamo perché nel nostro paese sia così difficile creare lavoro).
Proviamo a fare un esempio pratico:
Una giovane coppia vuole sposarsi; si fai i suoi bei conticini come una coppia se li faceva cinquanta anni fa. Se fermassero i loro conti a quanto gli viene a costare l’acquisto o l’affitto dell’alloggio dove intendono vivere, o al costo delle spese di gestione dell’abitazione, scoprirebbero che in due a lavorare non guadagnano neppure la metà di quello che 50 anni fa guadagnava il cosiddetto capofamiglia. Senza contare che non potrebbero contare sull’appoggio economico delle loro rispettive famiglie in quanto i risparmi sono stati azzerati.
E il PIL, allora, come è cresciuto in questi ultimi anni?
Attraverso un gioco contabile che altro non è che una frode: si abbassano i risparmi e si fanno crescere i consumi.
Perché è una frode?
Perché i beni che consumiamo sono sempre di più prodotti all’estero e non creano certo lavoro qui da noi.
Quindi è come se lo stato favorisse l’esportazione delle nostre ricchezze. Dove vanno e in che mani finiscono, è facile da intuire.
Come è facile da intuire cosa vengono a fare in Europa migliaia di cittadini provenienti dai cosiddetti paesi poveri.
Quindi, abbiamo detto, si aumentano i consumi, spesso di cose inutili e futili, sacrificando i figli. Tutto questo porta ad un inevitabile invecchiamento della popolazione e a un conseguente e inevitabile aumento delle imposte.
Negli anni settanta, il peso delle imposte totali sul reddito dell’italiano era circa del 25%, oggi supera abbondantemente il 53. Questo perché lo stato deve assorbire, in qualche modo, i costi che l’invecchiamento della popolazione comporta: pensioni e sanità su tutte.
Riuscite a unire i puntini e a vedere il disegno che qualcuno più in altro dei nostri governi, ha approntato?
Riuscite a capire che tutti noi siamo ormai divenuti dei semplici numeri da inserire in un bilancio da portare in pareggio ad ogni costo?
E quando dico “ad ogni costo” intendo proprio dire “a qualsiasi costo”!
Si legge ormai da diverso tempo, che l’occidente è a crescita zero.
Questo non vuol dire, certo, zero figli.
La crescita zero avviene quando ogni coppia, formatasi nel paese, concepisce due figli, perché si avrebbe una sostituzione totale della coppia originaria
Se ne concepisse solo uno, avremmo la riduzione della popolazione del 50%.
Se ne concepisse tre, avremmo un aumento del 50%.
Zero figli vorrebbe dire l’estinzione.
Questo per spiegarvi il mio ragionamento sul fatto che esiste un disegno, un’agenda, chiamatela come volete, che prevede il depopolamento del pianeta, o almeno una parte di esso, e noi italiani/europei siamo al centro di tale catastrofico progetto.
Altrimenti non si spiegherebbero tutte le politiche attuate da parte di tutti i governi che sembrano andare tutti nella stessa direzione: contro la famiglia, base sociale e punto principale di arricchimento di qualsiasi stato.
Se, tu governo, non sorreggi le famiglie, se non fai politiche di incentivazione delle nascite, se, anzi, le tue politiche sono volte a disgregare i nuclei familiari, a confondere le idee dei cittadini sul significato stesso di “Famiglia” e, inoltre, incentivi la migrazione dei tuoi giovani e delle tue aziende verso altri lidi, tu governo, non stai seguendo una politica di arricchimento del Paese, ma il contrario.
E, notate bene, queste politiche sono seguita da tutti i governi del cosiddetto mondo civile occidentale, e solo da questi.
Come le politiche di contenimento del CO2, altra politica seguita solo da questa parte del mondo. Una piccolissima parte se si considera il fatto che coinvolge solo circa un miliardo di persone, mentre i restanti 7 miliardi continueranno a inquinare e progredire come se noi non esistessimo.
E’ questa parte del mondo che ha applicato politiche economiche restrittive in epoca pandemica, causando la morte di interi comparti produttivi e portando alla disperazione i nuclei familiari dei lavoratori che hanno perso il loro posto di lavoro.
E’ ormai appurato che la pandemia è stata usata come un volano per le élite, che hanno approfittato della crisi per arricchirsi ancor più ed aumentando a dismisura la loro influenza finanziaria sui governi.
Quali decisioni economiche possono prendere i governi “democraticamente” eletti (anche l’aspetto politico verrà discusso in altro contesto), quando ci sono società che hanno il loro bilancio di gran lunga superiore a quello di un qualsiasi stato?
Mayer Amschel Rothschild, l’uomo che creò l’immenso potere della dinastia che porta il suo nome – una delle monarchie ereditarie senza corona che dominano il mondo – affermò una volta: “permettetemi di emettere e controllare la moneta di una nazione e non mi importerà nulla di chi fa le sue leggi”.
Permettete a me, infine, di fare un’ultima considerazione, che renderà non meno amara la vostra consapevolezza che il circolo vizioso in cui siamo entrati non ha vie d’uscite.
Ricollegandomi al fatto già discusso dell’invecchiamento della popolazione, sapete qual’è stata l’unica nota “positiva” di questi ultimi anni nel bilancio statale, non solo italiano?
La scomparsa prematura di tanti over 65 in epoca pandemica!
In questo mondo nichilista, impregnato di neo-malthusianesimo, che propugna la necessità del controllo delle nascite, la Famiglia, intesa come base della società, sarà destinata a morire, proprio come destinata a morire è la nostra società così come l’abbiamo conosciuta.
E gli attori principi di questo sfacelo saremo proprio noi, se non smetteremo di occuparci di quelle inutili cose che ci danno l’illusione di essere realizzati, se non rivediamo dal profondo, i nostri modelli intellettuali e concettuali.
Se non reagiamo, opponendoci a questo attacco culturale e spirituale alla Famiglia combattendo il consumismo, diventato oramai una imposizione dottrinale, tutto ciò che siamo e siamo stati è destinato a essere cancellato.
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