Volevo evitarmi di scrivere questo post.
Ho cercato fino alla fine di evitarlo, ma alla fine non posso esimermi.
Purtroppo mi sono accorto che oramai non riesco più a vivere senza rispondere, almeno una volta al giorno, ad un perché.
Basta uno solo dei tanti che mi frullano nella mente.
Dico purtroppo perché mi rendo conto che, in questo modo, rischio di diventare paranoico.
Comunque credo che, nella vita di ognuno, se si vuole viverla dignitosamente, bisogna chiedersi sempre il perché di ogni cosa, senza mai dare per scontato nulla, anche le cose che appaiono più ovvie.
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Così da tempo, visto il susseguirsi di guerre e crisi (se uso i miei anni di vita come metro, credo di averne attraversate, dalla mia nascita ad oggi, almeno un centinaio, quasi senza accorgermene. E voi?), ho iniziato a chiedermi il perché di tutto questo, qual è il fine, se mai c’è un fine, di ritrovarsi in un mondo alla rovescia, dove tutto ciò che credevo assodato viene quotidianamente rivoltato come un calzino.
Ma andiamo con ordine: vi ricordate di quando descrissi il piano delle élite come un enorme puzzle con tessere, vere e false, da inserire per poi arrivare a vedere il disegno definitivo?
Bene, il mio è quasi completo.
E ho capito perché tutto ciò è dovuto accadere.
L’enorme puzzle mostra il ritratto di una società che si sta auto fagocitando. L’ho sempre saputo, ma ancora più nitida è l’immagine in questi ultimi tempi.
Solo che, appena la figura aveva quasi raggiunto la forma definitiva, il disegno stesso ha modificato i suoi margini, si è come ampliato verso l’esterno.
Si sono aggiunte delle ulteriori tessere da inserire
Una parte di questo ampliamento l’avevo notata già nel mio primo colloquio che ebbi con Tom, più di vent’anni fa, quando lui mi schiarì le idee sui fatti che portarono al crollo del Muro di Berlino (alla luce degli ultimi avvenimenti, quel colloquio potrei ben definirlo “profetico”).
Poi iniziai a capire che tale allargamento del disegno copriva anche un lasso di tempo più ampio e profondo.
Era come se la nitidezza dell’immagine in primo piano facesse comprendere meglio ciò che le stava tutto intorno.
E più le tessere del disegno in primo piano andavano al loro posto, e meglio si comprendeva ciò che c’era ai suoi margini. E maggiori tessere riuscivo a sistemare in quella parte del disegno ancora in grigio, e più nitido era il disegno in primo piano.
Ed è così che ho capito il fine.
Dovevo solo seguire la logica.
“Se non sappiamo da dove veniamo, non potremo mai sapere dove andare”.
Quante volte ci è stato ripetuto questo monito?
Quante volte lo abbiamo disatteso?
Verso quale mondo siamo indirizzati?
Cosa sarà di noi?
Anche se adesso mi è tutto più chiaro, il nostro passato e questo inquieto presente, devo ammettere che la trada che stiamo percorrendo è ancora offuscata da una fitta nebbia.
Per questo motivo ho deciso di condividere quello che so, quello che ho compreso.
La luce per diradare la nebbia.
Credetemi, quello che mi fa esitare a dirvi qual’è il risultato di queste mie ricerche, anche mentre scrivo, non è altro che: PAURA.
E sono sicuro che, una volta detta e descritta questa mia convinzione, anche voi penserete di averla sempre conosciuta, ma che per la mia stessa paura avete rifiutato questa semplice verità.
Allora: qual’è il fine, lo scopo di tutto questo caos?
Mi sono convito a scrivere questo post dopo aver constatato il moltiplicarsi di messaggi pubblicitari in tv dove vengono richiesti oboli a favore di bambini malnutriti e con malattie genetiche che abbisognano di cure. Ci sono sempre stati, ma ultimamente sono in aumento. Perché, mi sono chiesto, con le case farmaceutiche e la finanza a loro collegate, che hanno incassato miliardi a causa della pandemia tramite i sieri, le mascherine e tutto il resto collegato alla farsa (parere personale) del covid, vengono a chiedere i soldi a me, a noi cittadini, che proprio a causa della farsa (repetita iuvant) abbiamo visto chi dimezzarsi gli introiti e chi visto svanire il proprio impiego? Non dovrebbero essere proprio questi a finanziare la ricerca, debellare le malattie e assistere i più disagiati?
E allora ho cominciato a divagare, con i miei pensieri, sull’argomento
Sono innumerevoli le guerre, piccole e grandi, che si sono combattute nell’arco della storia dell’uomo. Da quella più antica e famosa conosciuta, Troia, a queste ultime 59 in corso, credo che nessuna enciclopedia potrà mai raccoglierle tutte.
Però sappiamo quali sono le vittime innocenti di qualsiasi guerra.
Ed ogni società primitiva, da quella Incas, agli Aztechi, Maja, Babilonesi ed Egizi, ognuna di queste ha avuto i suoi sacrifici umani che riguardavano, quasi esclusivamente, gli stessi soggetti.
Anche il Dio di Ebrei, Musulmani e Cristiani ha richiesto vittime innocenti per punire o per liberare il suo popolo.
Poi è arrivato l’anno zero, da dove tutto avrebbe dovuto ripartire.
Ma questo è un discorso che riprenderò più avanti perché, credo, sia un punto fondamentale e, anche se vecchio di duemila anni, può ancora essere la svolta, e per credenti che per non credenti.
Da allora il male ha continuato a lavorare neppure tanto sottotraccia, tra una guerra e l’altra, tra una crisi e l’altra, ma anche tra un progresso economico, scientifico e sociale e l’altro.
Perché, vedete, non tutto ciò che costruisce l’uomo è sbagliato.
Anzi.
E’ il suo successivo utilizzo che ne viene fatto a essere trasformato in arma, soprattutto contro se stesso.
Perché il male nulla costruisce, ma tutto può distruggere. Pensate agli anni appena successivi all’ultima guerra mondiale, a quali speranze e aspettative correvano tra gli uomini superstiti di quel massacro: libertà, democrazia, fratellanza.
Ma già allora, se si rileggono bene quelle pagine senza avere gli occhi bendati e le orecchie tappate dalla propaganda dei vincitori, si potevano già vedere le false tessere di storia inserite nel grande puzzle che iniziava allora a comporsi.
Forse perché quella ricostruzione fisica e morale del dopoguerra fu affidata a quegli stessi che finanziarono entrambe le fazioni belligeranti?
Forse perché fu fatta una finta pulizia dei cattivi, reclutandone alcuni per metterli nei posti chiave, di modo che potessero proseguire i loro intenti in modo più completo e sicuro?
Se vediamo i risultati cui siamo arrivati oggi, non possiamo non rispondere affermativamente a tutto ciò.
E le susseguenti rivoluzioni culturali e sociali sono li a testimoniare tutto ciò e, inoltre, a confermare che le vittime sacrificali sono sempre le stesse.
Perché, ditemi, quali erano le prime vittime delle camere a gas naziste, una volta scese dai vagoni piombati?
E quali furono le prime vittime delle famiglie che, attratte dal consumismo, si disgregavano tra turni in fabbrica e incomprensioni inevitabili?
E le famose “conquiste sociali”, divorzio e aborto, ormai totem intoccabili e indiscutibili, quante e quali vittime hanno provocato?
Pensateci un momento: è proprio in quel periodo che la categoria dei genitori, troppo affaccendati nelle loro faccende, ha smesso di essere educatrice, formatrice e insegnante, ha smesso di esistere, delegando ad altri le proprie funzioni che, per natura, erano in suo possesso. Nella maggior parte dei casi, le ha delegate allo stato, quello stesso stato che aveva creato l’humus per cui ciò avvenisse. E, una volta ottenuta la delega, lo stato non se ne è più liberato, formando i cittadini di cui aveva bisogno, consumatori obbedienti e ignoranti, pronti come soldatini per le prossime guerre, o semplici schiavi robotizzati.
Ormai avrete capito che io credo fortemente che i bambini, i nostri figli, siano l’oggetto ultimo del contendere, le vittime sacrificali di ogni epoca storica.
Quando, tanto tempo fa, venni a conoscenza, causa la mia infinita curiosità, di argomenti quali: i “tunnel”, l’adenocromo e i suoi legami con planned parenthood, gli intrecci che si snodano attraverso famiglie facoltose e le èlites mondiali, le stesse che hanno finanziato tutte le guerre fino alle ultime di questi giorni, non lo nego: credetti anche io che fossero delle grottesche esagerazioni.
Ancora oggi certi argomenti si scontrano con la mia ragione, nonostante il livello di consapevolezza che ho raggiunto e che non mi fa stupire più di nulla.
Però oggi riesco a guardare in faccia tutta questa realtà perversa che stiamo vivendo, questo tentativo di sottomissione dell’uomo da parte di un potere, neanche tanto occulto, che opera nel mondo fin dai primordi.
In una manciata di anni ci hanno trasformato, volenti o nolenti, in nemici, gli uni contro gli atri, ma mai contro di loro.
A cosa crediate che mirino le Major cinematografiche e televisive con i loro assurdi rifacimenti dei racconti classici per bambini?
Mirano ad avere le loro anime e a diventare proprietari dei loro corpi, attraverso l’introduzione delle teorie “Gender” nella scuola fin dall’infanzia e il perfezionamento di tali teorie attraverso programmi televisivi a loro dedicati.
La stessa tecnica usata verso i loro genitori: lezioni scolastiche scritte e guidate dai vincitori, e film, televisivi e cinematografici, che rimarcavano quanto imparato a scuola.
E ci ritroviamo ad oggi, con almeno tre generazioni distrutte psicologicamente, fisicamente e moralmente.
La teoria gender, la corruzione dei bambini e dei ragazzi con l’odioso indottrinamento LGBTQ+, la perversione dell’amore sponsale, la maternità surrogata, l’aborto, l’eutanasia, la transizione di genere, le mutilazioni genitali, la manipolazione genetica, cosa sono se non il progetto di distruzione dell’uomo e il grottesco tentativo di sostituirsi a Dio nell’atto della creazione?
E tutte queste iniziative “woke”, che vogliono fare entrare a forza nei programmi politici/economici/religiosi di Paesi che, giustamente, non ne vogliono sapere, non farà altro che allontanare ancora più rapidamente il resto del mondo dall’occidente e a creare ancora più divisioni tra gli uomini.
Un pensiero che da minoritario diventa totalitario in un batter di ciglia, con tanto di messa all’indice dei contrari, leggi ad hoc e tutele da parte dei media mainstream. Un’ideologia fanatica, nemica della natura che si sposa perfettamente con l’ideologia transumanista, con cui va a braccetto verso nuovi lidi futuri e ancora più pericolosi.
Così abbiamo bambini che nascono orfani dei genitori per essere distribuiti tra chi genitore non potrà mai essere per natura: che cosa potranno mai insegnare tali genitori falliti a questi bambini acquistati come merce al mercato? E come saranno da adulti quei bambini, cresciuti senza alcun riferimento se non il denaro usato per acquistarli?
I bambini copiano il comportamento dell’adulto o comunque ad esso si affidano per esprimersi.
Come fa un bambino ad avere il discernimento su un tema così importante come la distrofia di genere?
Bambini che non conoscono e mai conosceranno che cosa sia il dolore, la morte, la pietà.
“L’ideologia di genere promossa dal pensiero dominante (nel senso che domina) tende a spersonalizzare l’individuo per creare un soggetto a-morfo (senza forma) solo, sradicato, omologato e quindi omologabile, ma tale individuo diviene un mezzo, un oggetto, persino una “merce” al servizo delle élite”.
(Unisex – Enrica Perucchietti – Arianna editrice 2015).
Infine, riprendendo un discorso che ho precedentemente lasciato a metà, vi voglio lasciare con un messaggio di speranza.
A tutti, credenti o non credenti.
Perché quel messaggio partito da un piccolo paesino sperduto di una regione remota nell’anno zero, è rivolto a tutti.
Fino ad oggi non avevo ben capito il significato profondo dell’Incarnazione. Ma oggi è tutto più chiaro. E lo è diventato grazie alle parole di un filosofo moderno, e ateo, Giorgio Agaben, spesso dileggiato dal mainstream per le sue posizioni contro l’oppressione esercitata verso i cittadini in questi ultimi due anni:
“È da quasi un secolo che i filosofi parlano della morte di Dio e, come spesso accade, questa verità sembra oggi tacitamente e quasi inconsapevolmente accettata dall’uomo comune, senza che ne siano tuttavia misurate e comprese le conseguenze. Una di queste – e certamente non la meno rilevante – è che Dio – o, piuttosto, il suo nome – era la prima e ultima garanzia del nesso fra il linguaggio e il mondo, fra le parole e le cose. Di qui l’importanza decisiva nella nostra cultura dell’argomento ontologico, che stringeva insolubilmente insieme Dio e il linguaggio, e del giuramento pronunciato sul nome di Dio, che obbligava a rispondere della trasgressione del vincolo fra le nostre parole e le cose.
Se la morte di Dio non può che implicare il venir meno di questo vincolo, ciò significa allora che nella nostra società il linguaggio è diventato costitutivamente menzogna. Senza la garanzia del nome di Dio, ogni discorso, come il giuramento che ne assicurava la verità, non è più che vanità e spergiuro. È quanto abbiamo visto apparire in piena luce in questi ultimi anni, quando ogni parola pronunciata dalle istituzioni e dai media era soltanto vacuità e impostura.
Viene oggi al suo termine ultimo un’epoca quasi bimillenaria della cultura occidentale, che fondava la sua verità e i suoi saperi sul nesso fra Dio e il logos, fra il nome sacrosanto di Dio e i semplici nomi delle cose. E non è certo un caso se solo gli algoritmi e non la parola sembrano ancora custodire un qualche nesso col mondo, ma questo soltanto nella forma della probabilità e della statistica, perché anche i numeri non possono in ultimo che rimandare a un uomo parlante, implicano ancora in qualche modo dei nomi.
Se abbiamo perduto la fede nel nome di Dio, se non possiamo più credere nel Dio del giuramento e dell’argomento ontologico, non è, però, escluso che sia possibile un’altra figura della verità, che non sia soltanto la corrispondenza teologicamente obbligata fra la parola e la cosa.
Una verità che non si esaurisca nel garantire l’efficacia del logos, ma faccia in esso salva l’infanzia dell’uomo e custodisca ciò che in lui è ancora muto come il contenuto più intimo e vero delle sue parole. Possiamo ancora credere in un Dio infante, come quel Gesù bambino che, come ci è stato insegnato, i potenti volevano e vogliono a ogni costo uccidere.”.
Capito il senso profondo della nascita di quel Bambino? E veramente Dio che ci offre un’ultima spiaggia di salvezza. Nessuno mai potrà portarci via quell’Infante!.
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