Si sa, ogni anno, con l’approssimarsi del 25 aprile tornano in luce vecchie ferite che non si è stati ancora capaci di curare in ben 79 anni dalla fine della seconda guerra mondiale. Manipolazioni propagandistiche, incompetenze storiche, aggressioni e oscurantismi non fanno altro che dividere un paese perso in se stesso. Mentre l’ignoranza divampa sempre più, cercando di rinnegare il fatto che siamo usciti sconfitti non solo dal conflitto, bensì da una vera e propria guerra civile. Eppure, tra i tanti paroloni gettati nel vento, probabilmente un personaggio solo fu l’unico a riuscire nel commemorare i morti italiani, e non “rossi o neri”, tentando di acquietare gli animi di un paese come il nostro che ha bisogno ancora oggi di riordinare le idee per capire chi siamo. E quest’uomo altri non fu che il principe Amedeo di Savoia Aosta, successore al trono d’Italia e memore di questo più unico che raro traguardo.
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“…Un dittatore di destra che in Spagna è riuscito a mettere tutti i defunti nella stessa valle che si chiama “Valle dello Scaidos”. Io credo che i morti non hanno colore. Invece sembra che in Italia i morti abbiano colore e questo è estremamente triste…”. Questo è ciò che disse il principe Amedeo di Savoia Aosta, intervistato da Alessio Porcu su “Faccia a faccia”, che vi linchiamo per assaporarla appieno. No, non siamo qui a tediarvi sulle questioni inerenti alla successione del trono D’Italia tra gli oramai defunti Amedeo ed il cugino Vittorio Emanuele, seppur ne abbiamo discusso in un altro articolo. Ci tenevo però, tra le critiche contro la decaduta casa reale, citare questo piccolo quanto interessante particolare che dovrebbe far solo vergognare quei tanti ferventi repubblicani che invocano così tanto la libertà, senza però poi metterne in atto i principi. Del resto, citare un argomento del genere non dovrebbe già essere di per se una forma di libertà d’espressione?
Un piccolo recap storico: Aimone nasce in un contesto molto tormentoso, quando nel 27 settembre 1943 la Germania già non aveva ancora digerito molto bene la fuga del re Vittorio Emanuele III con tanto di armistizio. Catturato con la madre e spedito in un campo di concentramento ancora in fasce, quando tornerà in Italia da cittadino libero crebbe e poté perseguire l’usanza dei sui avi, prestando servizio nella marina militare italiana (lo stesso figlio Aimone ne seguirà l’esempio). Oltre a questo, si dimostrò sempre disponibile a servire il paese anche con l’ausilio di associazioni e cariche, come presidente del Comitato di gestione permanente della Riserva Naturale Statale dell’isola di Vivara oppure come rappresentante del comune di Palermo per la Fondazione Internazionale “Pro Herbario Mediterraneo”, diventandone presidente nel 1997. Divenne persino imprenditore, mandando avanti la tenuta vinicola “del Borro”, in Toscana e producendo vini come il Savoia Aosta. Ed è proprio in questo ultimo particolare che mi voglio soffermare.
Nel suo costante affetto nei confronti del suo paese, dove venne molte volte corteggiato da vari partiti politici senza riuscirci, ebbe modo di conoscere svariati personaggi di spicco, molti dei quali ebbero modo di scontrarsi tra loro durante gli anni della guerra civile. Come disse nella già citata intervista, conobbe due figure opposte come Otello Montanari, ex partigiano ed ex presidente Anpi, e Mirko Tremaglia, veterano della RSI. Entrambi ammisero privatamente ad Amedeo, suoi stretti conoscenti, che avrebbero voluto stringersi la mano pubblicamente per tentare di dissipare i fantasmi che ancora perseguitavano la memoria del paese, ma che vi rinunciarono poiché avrebbero avuto ripercussioni politiche. Immaginatevi i giornali quanto avrebbero starnazzato difronte ad un evento del genere. Eppure, in un altro contesto e con altri personaggi, Amedeo riuscì ugualmente a sfondare questo muro.
Presso la già citata tenuta del Borro, il principe riuscì a far incontrare nientemeno che il generale Bruno Loi, presidente “dell’Associazione Nazionale Regio Esercito del sud”, e Cesco Baghino, veterano rsi ed uno dei fondatori di MSI. In questo incontro i due, simboli di due fronti opposti durante la guerra, non solo si diedero la mano in segno di pace, ma lo fecero di fronte alla targa commemorativa dedicata ai dipendenti della tenuta del Borro, voluta dallo stesso Amedeo, che morirono durante il secondo conflitto mondiale. Non venne fatta alcuna distinzione tra i caduti, poiché tra di essi vi si trovavano soldati del regio esercito, un partigiano ed un fascista. Un raro quanto simbolico monumento che venne persino elogiato da Indro Montanelli stesso, confessando al principe che quella era (e forse lo è ancora tutt’oggi) l’unica lapide dedicata a tutti i caduti italiani, indistintamente da quale fronte scelsero.
Ora, noi di God Save the Vintage non ci siamo tirati indietro nel pubblicare l’anno scorso un video inerente ai lati oscuri della lotta partigiana, dove molti dei tanti elogiati liberatori di un paese invaso si macchiarono di crimini orribili. Ma, pensate un po’, a fare il primo passo veramente simbolico dovette pensarci nientemeno che un sangue reale, erede del ramo cadetto che si dimostrò in molti aspetti migliore e lungimirante rispetto ai sovrani Savoia Carignano. Amedeo si dimostrò sempre interessato a vedere la propria terra, l’Italia, riunita con spirito ben più compatto rispetto a come ci si trova oggigiorno, ripudiando le costanti lotte aizzate dalla partitocrazia che da quasi ottant’anni categorizza e divide italiani da altri italiani. Come sempre, il “Divide et Impera” si pone come il guinzaglio che lega e acceca un popolo che dovrebbe smetterla di guardare il passato all’interno di soli vent’anni, ma andare ben oltre, ammirando le proprie conquiste e scoperte del passato che dovrebbero soltanto sbiancare chi ci vuole sempre più sterili. Il problema non lo si risolverà mai con aizzanti monologhi farlocchi o con centri sociali impregnati di fumo e violenza viscerale. E a darci l’esempio non fu solo un principe, ma soprattutto il nipote dell’eroe “dell’Amba Alagi” e del “Duca Invitto”. Già questo dovrebbe darci da pensare.
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